Marta al "Good Samaritan" distribuisce ai bambini il loro cibo preferito: Mandasi
La cosa che mi ha colpito quando ho chiesto a Marta di raccontarmi la sua esperienza a Soweto è stata che non si ricordava come fosse il cielo. Quel cielo africano che incanta tutti coloro che hanno la fortuna di vederlo, di un celeste così profondo e vigoroso, rubando le parole a Karen Blixen, da colorare anche i boschi e le colline a fianco.
Insieme abbiamo ripercorso il momento del suo arrivo all'orfanotrofio. La prima cosa che le torna alla mente è un odore forte, sgradevole, di gomma bruciata. Se chiude gli occhi riesce ancora a sentirlo. Il paesaggio che ricorda non ha niente di incantevole. Ci sono solo casette in lamiera, e tanto fango, una montagna di fango rigata di fiumiciattoli puzzolenti. Un paesaggio degradato, povero, senza vegetazione. Però ci sono gli occhi dei bambini. Mentre lo dice Marta sorride. Non è necessario fare nessuno sforzo per ricordare quegli sguardi, è come se ci fossero sempre, in una parte della sua mente che può raggiungere con facilità. Occhi marroni, profondi come crateri, intensi come il mare blu quando vai in gommone e non riesci a vedere il fondo. E chi se lo ricorda il cielo?
Marta ha 22 anni, è iscritta all'università di Bologna, formazione primaria per insegnare alle elementari. Dopo aver fatto un po’ di esperienza vorrebbe fare del volontariato e ritornare ad abbracciare quei bambini.
Sono ricordi carichi di magia, di nostalgia, di stupore. Tu vai lì convinto di dare, invece sono loro che danno a te, sono loro che ti aiutano. A essere una persona migliore. Il primo giorno che sono arrivata – racconta Marta – avevo con me una ciambella, l’ho offerta a un bambino e lui, la prima cosa che ha fatto, è stata di dividerla con gli altri. Sono i bambini che insegnano agli adulti.
Vivono in una discarica a cielo aperto, hanno un passato stravolgente, si arrangiano facendo dei lavori che non sono adatti a loro. Eppure hanno sempre il sorriso. Quando ci penso a quel sorriso mi scoppia una cosa dentro, un’esplosione.
I bambini hanno tutti grandissimi sogni, continua Marta, vogliono fare i calciatori, i musicisti, i piloti.
C’era un bambino, Ben, silenziosissimo, mi si sedeva in braccio, come in adorazione. Gli occhi di Marta mentre racconta sono lucidi. È bella Marta, e parte della sua bellezza la deve proprio ai suoi occhi, grandi e scuri pieni di espressività. Con la sua famiglia avrebbero voluto adottarlo, ma hanno preferito scegliere un bambino più grande. Ben avrebbe trovato di sicuro qualcuno. È più facile per i bimbi piccoli trovare un genitore a distanza. Però quel bambino adorante che le teneva la mano silenzioso, le è rimasto nel cuore.
Manuela Mattana
(docente di lettere, scrittrice, editorialista per Give him a chance)